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Elena ha appena litigato con sua madre. Non era un argomento importante, ma le parole dure di sua madre e la sua voce squillante le sono entrate nella testa. Elena si chiude in silenzio in camera sua, quella che era la sua “tana” di bambina, il suo luogo sicuro e da sola piange. Sono lacrime nascoste, silenziose, strozzate per non far rumore. Come tanto tempo fa… Non è la prima volta che accade un litigio tra Elena e sua madre, ne forse sarà l’ultimo.Il giorno dopo Elena è a letto, un’emicrania terribile non gli permette di alzarsi dal letto, figuriamoci di andare a lavorare. Il medico, visti i frequenti mal di testa, gli propone di fare una consulenza da uno Psicologo, notando che la sua paziente si trova tutto sommato in un buono stato di salute fisica.Così Elena decide di dar retta al dottore, che gli ha dato sempre dei buoni consigli, e contatta uno Psicoterapeuta per un consulto.
“Quando sono iniziati i mal di testa?” è una delle domande che vengono poste durante il colloquio con il Professionista per ricostruire alcuni aspetti importanti della sua storia personale. Si scoprirà che i mal di testa sono iniziati nell’infanzia, ed Elena di colpo torna con la sua memoria indietro nel tempo. Vede se stessa come una bambina triste e spaventata mentre assiste ai continui litigi tra i genitori. Lo sguardo di suo padre, la voce di sua madre. Quella stessa voce che aveva ascoltato la sera prima. Non è una voce rassicurante, ma che spaventa, che allontana. Elena prova un brivido, pensa che i genitori non la vedono in quel momento, non ascoltano i suoi pianti e lei che li implora di non urlare. Li vede distanti, si avvicina per cercare il contatto, ma sua madre la spinge via: “non sono cose da ragazzina, fila nella tua stanza”. Ed è qui che Elena si rifugia, spaventata ed impotente. E piange così tanto da essere sfinita, da cadere in un sonno profondo e senza sogni. Esce dallo studio della Terapeuta, con la testa vaga nei ricordi, e pensa “non può essere che adesso ho mal di testa per quello, sono passati tanti anni… non sono più quella bambina. Adesso sono forte…” .
La verità è che il nostro corpo “assorbe” il trauma e risponde mandando un segnale. Esso può essere l’insonnia, un mal di testa o un po’ d’ansia… il nostro corpo porta le tracce, le cicatrici di quello che abbiamo passato, e che abbiamo nascosto dentro per il troppo timore di affrontarlo. Assorbe le tracce e poi ci lascia il conto da pagare; settimane, mesi, anni dopo, si ricorda di noi. Non è facile toccare con mano il proprio trauma: significa tornare in quella sofferenza che per tanti anni abbiamo nascosto sotto il tappeto, e non facile tirarla fuori. È più facile sentirsi forti, munirsi di una corazza che ci protegge dal mondo esterno e dalle nostre emozioni. Così quel dolore lo assorbi, lo tieni, vivi come se non ci fosse. Ma non lo integri, non riesci a dargli un significato…ed è per quello che a volte ci ferisce e ci rende vulnerabili ancora oggi.
Se fino a qualche tempo fa i primi studi su questo tipo di manifestazione portavano a considerare il trauma psicologico come la conseguenza di un evento scatenante molto grave (terremoti, guerre, violenza, alluvioni), ultimamente qualcosa è cambiato nella sua definizione. Esistono persone che presentano rischi post traumatici senza essere state esposte ad eventi così estremi. È come la persona reagisce all’evento esterno e non la gravità dello stesso che dà origine al trauma psicologico: è il nostro vissuto emotivo, che determina il nostro reale stato di salute. Pensiamo ad esempio ad un lutto. Ognuno di noi reagisce in modo diverso…..Alcuni riescono a “tirarsi su” più facilmente, altri si sentono per anni “amputati” e fragili. Una difficoltà a reagire porta molte persone a somatizzare questo stato di malessere: non risolvendo il problema, ma lasciandolo irrisolto e nascosto nel proprio interno.
Ma come reagire di fronte ad un lutto? Come affrontare un divorzio? O come integrare i brutti ricordi o un’infanzia difficile? Oggi gli esperti di psicologia utilizzano il termine “Resilienza” per indicare le risorse individuali e la forza interiore che può essere utilizzata per elaborare un trauma. È la stessa forza che il nostro sistema immunitario mette in atto per neutralizzare un virus, e come in tutti gli attacchi è importante capire che tipo di infezione abbiamo dentro, dargli un nome e riconoscerla.Per Elena è stato l’aver ripescato il trauma vissuto dopo l’ennesima lite con sua madre, avere avuto il coraggio di guardarlo ed affrontarlo. Ed i mal di testa sono spariti….