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Il trauma psicologico
“La gente ha cicatrici in tanti posti impensabili. Sono mappe segrete delle storie personali, diagrammi di tutte le vecchie ferite. La maggior parte delle nostre ferite guarisce, lasciando solo cicatrici. Ma alcune non guariscono. Certe ferite le portiamo ovunque con noi, ed anche se si sono rimarginate da tempo, il dolore resta.”
- Che cosa si intende per trauma psicologico?
Quando parliamo di trauma psichico intendiamo qualsiasi evento che una persona recepisce come estremamente stressante, come una sensazione di estremo pericolo per l’integrità, fisica ed emotiva, della persona.
Le esperienze traumatiche spesso comportano un pericolo estremo ed una minaccia per la vita, come le catastrofi naturali o gli incidenti…ma non è sempre così. In verità qualsiasi situazione che ci fa sentire impotenti, sopraffatti o soli può essere traumatica, anche se non presenta un danno fisico. Non sono i fatti oggettivi a determinare se un evento sia o meno traumatico, ma la nostra esperienza emotiva e soggettiva dell’evento. Più l’esperienza ci fa sentire impauriti ed impotenti più è probabile sperimentare un trauma psicologico.
Questi eventi producono reazioni emotive e corporee molto intense che non sempre il nostro cervello riesce ad elaborare.
La stessa etimologia della parola trauma significa “ferita dell’anima”, e quindi indica una rottura, un’interruzione brusca ed inaspettata alla nostra più profonda identità. Persone che si percepivano come sicure di sé ed invincibili, in seguito ad un trauma si sentono profondamente cambiate nella propria idea di sé.
E più la rottura è incomprensibile e più è distruttiva per l’integrità e l’equilibrio della persona.
Spesso le persone che subiscono un trauma parlano di un PRIMA e di un Dopo il trauma:, è come se il loro senso di identità subisse una profonda spaccatura e l’io prima di subire il l trauma e l’io dopo il trauma, difficilmente riuscissero ad essere integrati.
Rispetto al tipo di traumi, in psicologia siamo soliti dividerli in due macrocategorie:
- abbiamo i traumi con la T maiuscola, che sono eventi molto gravi ed intensi, avvenuti di solito una sola volta. Parliamo ad esempio di incidenti, episodi di violenza, catastrofi naturali, abusi, specie se inaspettati o avvenuti durante l’infanzia… in questa categoria possiamo inserire anche il lutto di una persona cara, specie se improvviso ed inaspettato ed avvenuto in condizioni non naturali (ad esempio un incidente). O anche la diagnosi di una malattia gravissima ed invalidante.
- poi abbiamo i traumi con la t minuscola, che sono quelli che riguardano eventi di magari di minor intensità e gravità, ma ripetuti nel tempo. In questo caso abbiamo tutti i traumi legati alla relazione di attaccamento con i propri genitori, e quindi gli episodi di trascuratezza, abbandono, violenza domestica o deprivazione emotiva che il bambino può vivere nella propria famiglia d’origine. Per un bambino sensibile anche le continue sgridate di un’insegnante o un genitore che continuamente gli dice di essere un incapace, possono tradursi in un vissuto traumatico. Anche gli episodi di bullismo, specie se ripetuto, si ascrivono a questa categoria.
Secondo i più recenti studi su questo topic, l’aver subito durante l’infanzia le esperienze traumatiche nell’ambito della relazione di attaccamento, incide in modo diretto sullo sviluppo e sull’integrazione della persona.
Possiamo quindi affermare che, il non aver vissuto una relazione di attaccamento sana con i propri genitori, con traumi più o meno evidenti, porta la persona a vivere le proprie relazioni da adulto con una sensazione di insicurezza. Nell’età matura, l’interazione sociale ed i rapporti con gli altri non saranno per questa persona quindi più vissuti come fonte di sicurezza: questo perché l’aver subito traumi lo porta ad interpretare le situazioni neutre come situazioni potenzialmente pericolose da cui bisogna difendersi.
Ne è l’esempio il bambino che viene continuamente trascurato e non viene visto dai propri genitori durante l’infanzia. Da adulto molto probabilmente adotterà un atteggiamento conservativo, non si fiderà degli altri e tenderà a non sentirsi capito. Oppure cercherà di avere l’attenzione degli altri in maniera troppo evidente, allontanando gli altri.
Ogni persona reagisce al trauma in maniera diversa, perché diversa è la storia di vita, la personalità e le esperienze di ogni essere umano. Di fronte ad uno stesso evento stressante, prendiamo ad esempio l’aver assistito ad una catastrofe naturale come un terremoto, possono esserci diversi tipi di risposte emotive. C’è chi riesce a ritornare alla vita normale in breve tempo e chi purtroppo ha reazioni più gravi che gli impediscono di continuare a vivere la propria vita come prima dell’evento traumatico. Si è visto che le persone che hanno vissuto traumi precedenti, magari non ancora non elaborati, siano quelle più soggette alla complicazione del vissuto traumatico. In psicologia poi parliamo molto di resilienza che è la capacità di resistere alle avversità della vita, senza spezzarsi. Chi è più dotato di resilienza, riesce ad essere più impermeabile e resistente alle conseguenze negative del trauma.
- Quali sono gli effetti più immediati e quelli a distanza di tempo che si possono riscontrare nella persona che ha subito un trauma psicologico?
Di solito subito dopo aver vissuto un evento traumatico il nostro cervello va incontro ad una serie di reazioni di stress fisiologiche, ovvero il nostro cervello si prepara ad elaborare, ovvero a digerire il trauma.
Elaborare il trauma significa riuscire a dare un significato, un senso a quello che è successo e ricollegarlo in modo adattivo all’interno della nostra esperienza. E questo fortunatamente avviene nel 70-80% dei casi e quindi non c’è necessità di un intervento specialistico.
Ma, quando l’evento stressante è troppo intenso, e l’elaborazione del trauma non avviene spontaneamente, le emozioni e le sensazioni corporee si bloccano, creando un blocco del ricordo negativo all’interno delle nostre reti neuronali. Il ricordo traumatico rimane come “congelato” nel nostro cervello…
Addirittura alcune ricerche scientifiche hanno dimostrato che persone che hanno vissuto traumi importanti e ripetuti nel corso della loro vita, ad esempio i militari che hanno vissuto l’esperienza della guerra in vietnam, portano i segni anche a livello cerebrale mostrando un volume più ridotto di alcune aree cerebrali quali l’amigdala e l’ippocampo che sono strutture cerebrali deputate all’immagazzinamento dei ricordi.
Per questo alcune persone continuano a soffrire per un evento traumatico anche a distanza di tempo, spesso riportando di provare le stesse sensazioni angosciose e di non riuscire ad andare avanti. E’ come se ripetessero le sensazioni legate al trauma senza mai riuscirsene a liberare.
E’ come se il passato fosse ancora presente.
Questo può definirsi come disturbo da stress post traumatico, che è caratterizzato dal rivivere continuamente l’evento, continuando a provare tutte le emozioni, sensazioni e pensieri negativi esperiti in quel momento. Ne è l’esempio aver subito un incidente in auto ed ogni volta che si sale nella vettura si tende a riprovare quella stessa sensazione di ansia e di pericolo.
Quindi la Tendenza a rivivere l’evento traumatico è una dei campanelli d’allarme che ci fanno capire che quell’evento può essere diventato un disturbo post traumatico per la persona.
Un altro aspetto del disturbo post traumatico è l’ evitamento di pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma. Anche il non ricordare aspetti legati al trauma può essere un indizio utile…
Inoltre il trauma spesso porta con sé uno stato diffuso di apatia, una riduzione dell’interesse verso le cose che prima ci interessavano e sentimenti di distacco o estraneità verso gli altri. I pazienti riferiscono di sentirsi lontani e distanti, e pensano al futuro ed ai loro affetti in maniera più distaccata.
Infine vi è un aumento dell’attivazione nervosa, con difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ed un persistente stato di allerta ed ipervigilanza.
Concludo dicendo che un trauma psicologico irrisolto, infatti, costituisce un carico disfunzionale nel cervello di una persona che la rende più fragile rispetto all’impatto con altre possibili successive difficoltà della vita e ne diminuisce la resilienza. Per questo diciamo che un trauma irrisolto tende a “complessizzarsi”, dando vita a modalità di relazione disfunzionali con se stessi, con gli altri e con la realtà interna, che possono diventare la base di sintomatologie diverse.
- Quali meccanismi di difesa adotta la mente che ha subito un trauma? Ad esempio, alcuni ricordi traumatici possono essere dimenticati?
Esperienze traumatiche avvenute nell’infanzia, in particolar modo l’abuso fisico o sessuale grave, possono causare l’amnesia dissociativa.
Le ricerche cliniche hanno mostrato dal 20 al 60% delle vittime di abuso sessuale infantile presentano frequentemente sintomi di amnesia e che i bambini cronicamente abusati possono dimenticare interi periodi della loro infanzia, arrivando a non evocare ricordi fino ai 9 anni.
In questi casi, il ricordo delle esperienze traumatiche è comunque presente e disponibile nella mente della persona, solo che non è accessibile alla consapevolezza, a causa di un meccanismo di evitamento della sofferenza associata alla memoria traumatica. È il famoso meccanismo di rimozione. Il trauma viene vissuto in maniera così dolorosa che è intollerabile per la persona, tanto che la mente deve rimuovere dalla consapevolezza il ricordo.
Tuttavia, il ricordo a cui la persona non ha accesso diretto influenza comunque le sue reazioni emotive e i comportamenti della vita di tutti i giorni, perché “se il ricordo di un trauma è consapevole non vuol dire che esso non ci sia nella mente”. Ad esempio, una persona può non avere memoria di aver vissuto nella casa dove sono avvenuti degli abusi in maniera sistematica, ma potrebbe avere la sensazione di non sentirsi mai al sicuro in quella casa.
Alcune persone chiedono aiuto perché iniziano a ricordare qualche frammento di esperienze traumatiche e si chiedono se la memoria sia reale e se l’abuso sia davvero accaduto. Le memorie che emergono, infatti, sono spesso ambigue, non chiare e poco dettagliate.
Poi, rispetto alla memoria traumatica c’è un altro fenomeno, che è quello dei falsi ricordi…
Si tratta del fenomeno del misinformation effect (elisabeth loftus) o anche detto effetto dell’informazione sbagliata.
Quante volte ci è capitato di discutere con un amico d’infanzia magari particolarmente doloroso, ed accorgerci di avere memoria di particolari diversi ed a volte discordanti rispetto ad uno stesso evento? E questo avviene maggiormente con eventi traumatici e carichi emotivamente. La nostra capacità di ricordare non è così infallibile come la percepiamo!
Questo perché la nostra memoria non è come un nastro che avvolge e riavvolge sempre gli stessi episodi in maniera coerente e costante.
Ormai diversi studi hanno verificato come il cervello tenda a “coprire” gli inevitabili vuoti di memoria legati ad un evento, con immagini e agiti che in realtà non sono mai avvenuti.
Questo perché vi è la tendenza a dover raccontare le nostre esperienze in maniera coerente, anche a discapito della realtà oggettiva dei fatti
Certo è che più l’episodio è legato a fatti emotivamente carichi, più sarà soggetto a distorsioni e quindi maggiore dovrà essere l’attenzione nel maneggiare tale materiale in tutti i campi ove questo è richiesto, incluso la terapia.
Quello dei falsi ricordi è un fenomeno molto studiato soprattutto in giovane età.
I bambini hanno la tendenza a credere come fatti realmente avvenuti, degli episodi che non sono mai esistiti, completando le loro informazioni semplicemente ascoltando i resoconti degli adulti, o traslando la propria immaginazione nella vita reale….
I falsi ricordi possono essere generati dalla combinazione di episodi vissuti e le suggestioni di altri su quello stesso episodio.
Per questo, soprattutto in criminologia, il tema può prendere una piega alquanto pericolosa: i testimoni di un crimine, ad esempio, pur se del tutto in buona fede, colmano spesso le lacune con falsi particolari.
Oppure, ci si ricorda di eventi traumatici che in realtà non sono mai avvenuti.
- Esiste una cura per il trauma psicologico? Quali sono i trattamenti più efficaci?
Esistono diversi approcci per la cura del trauma psicologico.
Tra quelli che io maggiormente utilizzo ad esempio c’è la Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC) centrata sul trauma. Questo approccio aiuta i pazienti a identificare e modificare i pattern distorti di pensiero riguardanti se stessi, l’evento traumatico e il mondo, insegnando, inoltre, a gestire l’ansia e le emozioni negative, allo scopo di ridurre i sintomi persistenti di iper-arousal che presentano i sopravvissuti.
L’EMDR invece, a mio avviso, è la tecnica d’elezione per il trattamento del trauma.
EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una tecnica che sfrutta i movimenti oculari alternati, o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per rielaborare i ricordi e le immagini legate al trauma.
La ricerca ha dimostrato che a seguito di un evento stressante c’è un’interruzione del normale modo di processare l’informazione da parte del cervello. La patologia in questi casi emerge a causa dell’immagazzinamento disfunzionale delle informazioni correlate all’evento traumatico: le informazioni legate al trauma risulterebbero come bloccate nella nostra mente.