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Arrivi tardi in ufficio, hai mille cose da fare e non riesci a preparare la torta da portare a scuola per tuo figlio, rispondi a monosillabi all’ennesima richiesta di tua madre…e poi arrivano loro, i sensi di colpa, e la tremenda sensazione di sentirsi sbagliata. Dal punto di vista psicologico alla base di questo c’è una leggera punta di perfezionismo: “voglio che tutto vada sempre per il verso giusto”, “voglio che anche gli altri lo siano”, “voglio che tutto sia sotto controllo”.
Ma come nasce il senso di colpa? Questa emozione ha quindi due facce: da una parte c’è quindi l’amore per l’altro ed il suo rispetto, dall’ altra però c’è il controllo. Provo a spiegarmi meglio: il senso di colpa ci porta a riparare, ovvero a fare qualcosa per l’altro per espiare il danno volutamente o involontariamente arrecatogli. Quindi ci porta ad essere più compiacenti, tolleranti, amorevoli, ed a mettere da parte i nostri bisogni per accontentare l’altro: questo lo facciamo mettendo da parte tutta la rabbia e le emozioni negative che questo comporta. Dall’altra parte però agiamo così perché desideriamo che vada tutto bene, nel tentativo di inseguire quel modello di perfezione che ci portiamo dentro ed a cui vogliamo che tutto si adegui, anche gli atteggiamenti degli altri nei nostri confronti . Quando però accade qualcosa che non va, tendiamo ad attribuire quello che non va unicamente a noi stessi, e non ad un caso fortuito della realtà, e ce ne costerniamo facendo di tutto per porre rimedio.
Statisticamente si trova che le donne ne soffrano più degli uomini: questo deriva in parte dal retaggio culturale in quanto vengono cresciute con l’idea che devono essere brave e comportarsi sempre bene. La donna accudisce e cura i figli, li nutre e li aiuta a crescere. Le donne hanno anche l’area del cervello deputata a questi aspetti (area associativa) più sviluppata rispetto all’uomo. Quindi siamo predisposte ad accudire l’altro, ma se questo accade in maniera rigida e senza concedersi nessun margine d’errore questo può tramutarsi in un “fattore di rischio” piuttosto che un vantaggio biologico.
La predisposizione a provare senso di colpa ci porta infatti ad accedere con difficoltà a quel pizzico di sano egoismo ed autodeterminazione che ci fanno prendere cura dei nostri bisogni oltre che di quelli dell’altro. In questo caso si ha paura di esprimersi e realizzarsi, per cui si sposta sull’ altro la causa del proprio benessere col rischio della dipendenza affettiva.