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Il lutto può essere definito come un processo che la persona che ha subito la perdita attraversa e che la porta alla “rielaborazione” emotiva della sofferenza e del dolore legato alla scomparsa della persona cara.
Chi subisce un lutto attraversa quindi una successione di stati mentali, emotivi, cognitivi che si avvicendano l’uno con l’altro.
Di solito la sofferenza legata al lutto si esprime attraverso:
- Disturbi somatici di vario genere
- Preoccupazioni legate all’immagine del defunto
- Sensi di colpa legati alla persona scomparsa o delle circostanze della morte
- Reazioni ostili
- Perdita della concentrazione e della lucidità
- Tendenza ad assumere tratti comportamentali tipici del defunto.
Lo studioso J. Bowlby ha dato un notevole contributo alla comprensione dei diversi fenomeni che compaiono dopo la scomparsa di una persona cara. La persona in lutto deve infatti riorganizzare la sua vita e la propria emotività in modo da riconoscere l’assenza del caro scomparso, elaborando i ricordi ed i sentimenti legati alla perdita. E’proprio questo processo di riorganizzazione ad essere comunemente chiamato “elaborazione del lutto”.
Bowlby nella sua opera, “La perdita” distingue nel normale processo di elaborazione del lutto, 4 fasi:
- FASE DELL’INCREDULITA’, che solitamente dura da qualche giorno ad una settimana, e può essere interrotta da accessi di dolore intenso o collera. In questa fase chi subisce un lutto non riesce quasi a comprendere quanto è avvenuto.
- FASE DI STRUGGIMENTO PER LA FIGURA PERDUTA, che può durare da alcuni mesi a, qualche volta anni, ed è rappresentata dalla “ricerca della persona morta” ed alla non accettazione della sua scomparsa.
- FASE DI DISPERAZIONE, in cui lo stato di agitazione è sostituito dal persistente umore depresso e da una generale tristezza. Questa fase deriva dall’accettazione che gli sforzi per riavere la persona perduta sono senza speranza e quindi si trova a dover accettare, senza altra alternativa, la perdita.
- FASE DI RIORGANIZZAZIONE: perché il lutto abbia un decorso favorevole, chi ha subito il lutto deve arrivare a poco a poco ad ammettere ed accettare che tale perdita è definitiva e che la propria vita deve subire una ristrutturazione.
Per risolvere un lutto quindi si ha bisogno di tempo e di condizioni facilitanti. Noi siamo programmati biologicamente per tendere verso una risoluzione adattiva del conflitto interiore. Tra le condizioni che possono facilitare questo processo troviamo quella che possiamo definire “la figura su cui contare”, che accompagni la persona che soffre nel suo difficile percorso, ascoltando senza giudizio, permettendo il riconoscimento delle proprie emozioni e sentimenti, condividendo emozioni ed aiutando a trovare un significato agli eventi.
Se invece la persona che subisce il lutto va incontro ad una mancata accettazione della perdita, essendo incapace di prendere atto che non avverrà più la ricongiunzione con chi abbiamo tanto amato, avverrà quello che definiamo “lutto patologico”. in questi casi il lutto è accompagnato da una prolungata formulazione di ipotesi, quasi a caccia di qualcosa che possa magicamente annullare l’evento traumatico, restituendoci anche il controllo della nostra vita. Anche l’autorimprovero costituisce infatti il tentativo di controllo rispetto ad una sensazione di impotenza e di intollerabile causalità, che rende quanto accaduto più comprensibile, più prevedibile e quindi più tollerabile.